Di storia, misteri e Picolit: Rocca Bernarda
«È stato tutto devoluto ai Cavalieri di Malta!» Inizia con un colpo di scena – come in un romanzo di Agatha Christie nel quale il notaio legge ai presunti eredi il testamento del defunto, l’ultimo capitolo della plurisecolare storia di una delle più affascinanti dimore della nostra regione. Suspense prima, incredulità poi. No, non siamo sull’Orient Express, in una crociera sul Nilo o in un’elegante casa di campagna del Sussex. Ma siamo in un luogo che non ha nulla di cui invidiare ai sopra menzionati: siamo a Rocca Bernarda, Colli Orientali del FVG. Via dalla pazza folla: i fortunati che vi si recano in cerca di un buen retiro domenicale, vengono accolti dai monumenti naturali che fanno da custodi alla rocca stessa. Cipressi a guisa di colonne neoclassiche e soprattutto un tentacolare glicine settecentesco danno il benvenuto in una delle prime ville rinascimentali a quattro torri erette nella nostra regione. E chissà cosa penserebbe il Giovanni da Udine, ascritto papabile tra i progettisti della medesima, qualora vedesse oggi dedicatogli uno degli edifici più improbabili degli ultimi cinquant’anni, teatrone della sua città Natale.
La storia, che storia!: si erge sopra il turista del fine settimana o lo studioso di esoterismo quindi la Croce di San Giovanni Battista, ad otto punte, a rappresentare altrettante beatitudini. I Cavalieri di Malta, già Ospitalieri, si diceva: le Crociate e l’invenzione (da cui il nome) dei primi ospedali da campo, ora stato senza territorio ed osservatore privilegiato all’ONU con la sede in via Condotti a Roma dove Dolce Vita chiama tradizione, con la “T” maiuscola. E prima un susseguirsi di proprietà e proprietari in una storia di ricatti, diplomazia matrimoniale, coltivazioni all’avanguardia, collezioni uniche che passano per nomi quali Valvason Maniago, Antonini, Perusini e due guerre che la depredano in quanto osservatorio privilegiato quanto strategico.
Si scrive RB, si legge Picolit: anno 1977, l’Ordine aveva oltre ottocento anni e Rocca Bernarda circa la metà; qualche anno dopo, a suggellare questo sodalizio arriva Novecento, uvaggio bianco creato per questo genetliaco. Abbinamenti: coniglio, pesce e frutti di mare. Passiamo al rosso: Merlot Centis, esclusivamente da un vigneto che ha più di cento anni, solo di annate adatte all’invecchiamento. Carni rosse, magari al sangue. Ma sopra tutto – si scrive RB ma si legge Picolit! Alla stregua di un Sacro Graal, il vitigno autoctono qui salvato prima e diventato istituzione poi, è un nettare (amato da prelati, nobiltà ed ora dai più accaniti winelovers) che si esalta in contrasto: foie gras, erborinati e frutta secca per un’esperienza che prosegue ancora in direzione mistica.
Enogastronomystery: non ci sono castelli, abbazie, ville d’epoca senza arcani segreti, oscure vicende che oscillano tra mondo reale, macabre suggestioni e fantasia. Non fa eccezione la nostra, ritornata alla ribalta alcuni anni or sono complice un libro prima, documentario (sparito da tutti i circuiti) poi, a firma di un noto giallista tedesco. Lunghe ombre della morte che arrivano dai torbidi anni che dal dopoguerra arrivano a quelli di piombo, in una regione cuscinetto, non-luogo dove niente doveva accadere, e che ci sussurrano come la dipartita di Diego de Henriquez, megalomane collezionista di armi, arso vivo a casa sua in un rogo accidentale (forse), e quella dell’ultimo proprietario di Rocca Bernarda siano collegate in una spirale che mescola strategia della tensione, scenari da 007, ambienti diplomatici, Guerra Fredda, foibe, Risiera, cassetti proibiti da non aprire nelle vite dei protagonisti. Dietrologia da bar, complottismo ante litteram, boutade letteraria, cinico storytelling creato ad hoc, verità da celare a tutti i costi? Nessuno può e probabilmente potrà mai confermare o smentire, ma del resto, come si diceva… che rocca sarebbe senza misteri?!
Rocca per beneficenza Ed anche quest’anno RB è stata protagonista a Grandi Vini della Contea per la Pace del 27-28 ottobre, seconda asta al Monastero della Castagnevizza, con il Vineis friulano 2021 affinato in barrique: una botte, cinquecento litri in rovere francese, per un corrispettivo di trecento bottiglie che è stata aggiudicata all’interno della vendita benefica che ha fruttato in totale 60.300 Euro.